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martedì 3 maggio 2011

"Lapalissiano" origine: l'ingiusta nomea del comandante De La Palice

Continuiamo sulla falsa riga degli articoli precedenti, cioè alla ricerca dell'etimo di quelle parole tanto usate quanto sconosciute nella loro origine. Ovviamente, provo divertimento nello scrivere questo tipo di post e non sono un masochista, né un insegnante, né colto dotto che vuol sfoggiare la propria cultura (dato che non ne ho: tante cose le vado scoprendo anch'io scrivendo).

Insomma, se non avessi provato divertimento, non avrei aperto il blog e se non avessi aperto il blog, il blog non sarebbe esistito.

"Ma che ovvietà! E' lapalissiano!" dirà qualcuno di voi.

Ma bravo, lo so da me. L'ovvia frase ha un senso: quella di farti esclamare ciò che hai esclamato.


Perché?! Semplice, perché il termine "lapalissiano" è proprio l'argomento centrale di questo articolo!

Tu l'hai usato nella tua esclamazione, ma sai da cosa derivi? Bhe, non ti preoccupare, facciamo parte della maggioranza: neanch'io lo sapevo fino a 10 minuti fa! (Se rispondi di sì, puoi già abbandonare questo post).

Dunque, sembra che l'origine del termine lapalissiano vada cercato in contesto francese. La figura cui esso è legato è quella del buon vecchio comandante Jacques II De La Palice, ardente combattente di mille battaglie, che tuttavia trovò la morte (sfortunatamente per lui), durante l'assedio di Pavia, nel 1525.

I suoi soldati, tanto riconoscenti quanto probabilmente dislessici, vollero rendere onore al loro caro comandante e lo fecero intonando una canzoncina, di cui fortunatamente c'è giunto solo il testo. Più o meno, questo era ciò che volevano intendere nel francese dell'epoca:

<<Hélas, La Palice est mort,                             <<Ahimé, La Palice è morto,
     il est mort devant Pavie;                                    è morto davanti a Pavia;
     hélas, s'il n'estoit pas mort                                 ahimé, se non fosse morto,
     il ferait encore envie.>>                                     farebbe ancora invidia.>>

Gli affettuosi soldati, tuttavia, colti da un momento di dislessia collettiva, facendo confusione tra le lettere f e s sostituirono la parola ferait con serait e lessero la parola envie ("invidia") come se fossero due termini distinti, en vie ("in vita"). Il risultato fu questo:

<<Hélas, La Palice est mort,                             <<Ahimé, La Palice è morto, 
     il est mort devant Pavie;                                    è morto davanti a Pavia;
     hélas, s'il n'estoit pas mort                                 ahimé, se non fosse morto,
     il serait encore en vie.>>                                   farebbe ancora invidia.>>


Ovvio, no? Lapalissiano, direi appunto!

Il termine fu coniato da Edmond de Goncourt nel XIX secolo, che riscoprì la bella canzoncina. Coniò, allora, il sostantivo francese lapalissade, per indicare un'affermazione in cui si ripete ciò che era già espresso dall'assunto precedente. In italiano, il termine è aggettivo. La forma corrente deriva da Lapalisse, la città che ospita il castello di Jacques De La Palice. 

Come ben si capisce, dunque, non era il povero La Palice un uomo ovvio, ma erano i suoi soldati incapaci di esprimersi correttamente.

Comunque, speriamo che quest'articolo possa purificarlo della nomea che gli è stata ingiustamente attribuita e aiutarlo a vendicarsi dei soldati, che, se non avessero avuto la malsana idea di iniziare questa stonata canzoncina, sicuramente avrebbero reso maggiore onore al loro comandante.

Quindi, diffondete quest'articolo, parlatene ai vostri amici, spiegate loro che La Palice non c'entra niente: salviamo il comandante dalla taccia di ovvietà, di "lapalissianità"!
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3 commenti:

  1. "Hélas, Le copier-coller rend mauvaises blagues ..."

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